La rivoluzione popolare di Sankara

Inserito da Giorgio Gatta domenica 14 luglio 2019

di Pietro Fucile


“Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d’inventare l’avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l’avvenire” (Thomas Sankara)


Non ha goduto della stessa notorietà di Gandhi, Mandela e Che Guevara ma, in questo periodo di superficialissimo “aiutiamoli a casa loro” e di mortificazione oltre misura delle ragioni del Mezzogiorno, la biografia del meno conosciuto Thomas Sankara è certamente un riferimento istruttivo da tenere bene a mente.

Ho saputo per la prima volta di Sankara quando uscì nel 2012 “Sud”, il disco che Fiorella Mannoia, ispirata dalla lettura del libro di Pino Aprile “Terroni”, dedicò al Mezzogiorno e a tutti i Sud del mondo. Il brano d’apertura, “Quando l’angelo vola”, è infatti rivolto alla sua memoria.

Thomas nasce nel 1949 in quella parte di Africa, colonizzata dai francesi dalla fine dell’Ottocento fino all’indipendenza del 1960, che è stata l’Alto Volta e poi dal 1984 il Burkina Faso. È un bambino fortunato perché la metà dei nati di quell’anno morì nei primi tre mesi di vita, e perché fu uno dei pochissimi che poté andare a scuola.

Terzo di dieci fratelli, in un paese attraversato da ripetuti colpi di stato, è un giovane capitano dell’esercito quando nel 1981 è chiamato a ricoprire la carica governativa di segretario di stato per l’informazione, dalla quale si dimetterà l’anno successivo, contestando la scelta di sciogliere il principale sindacato del Paese e reagendo alla sparizione del denaro stanziato dal governo olandese per la costruzione della diga di Korsimoro.

In seguito a un ennesimo colpo di stato nel 1983 divenne presidente, e cominciò per i bukinabé un periodo di grande fiducia in cui venne promossa una vera e propria “Rivoluzione Democratica e Popolare” di ispirazione castrista e guevariana che non tardò a dare buoni frutti, a partire dalla cancellazione di molti privilegi dei politici e dei militari ai quali fu ridotto l’appannaggio. Venne avviato un programma rivolto soprattutto al miglioramento della condizione delle donne incoraggiate ad andare a scuola e a ribellarsi al maschilismo. Abolì la poligamia, vietò l’infibulazione e in materia di prostituzione si schierò dalla parte delle prostitute aiutandole ad uscire dalla loro condizione con l’offerta di vera occupazione.

Il Burkina Faso era il Paese più povero di tutta l’Africa ed uno dei primi provvedimenti di Sankara fu quello di coinvolgere i soldati nella produzione agricola e industriale. Un progetto che ebbe il merito di creare sovrapproduzione di alcune derrate e di migliorare sensibilmente le condizioni del popolo che finalmente poteva permettersi regimi alimentari fino ad allora riservati alle élites.

Furono agevolate le piccole unità produttive artigianali, venne fornita direttamente dallo Stato l’argilla per costruire case salubri, e si concretizzò l’infrastruttura mediatica fatta di un capillare circuito radiofonico rurale con programmi di alfabetizzazione, aperto a tutti per parlare in diretta, per fare proposte e per criticare liberamente.

Sankara promosse una campagna antimaterialista per affrancare il suo popolo dalla dipendenza di importazioni straniere relative ai grandi marchi della moda, e criticò fortemente il sistema della cooperazione internazionale rifiutando l’aiuto che serviva a comprare i prodotti dei donatori “Il nostro paese produce cibo sufficiente per nutrire tutti ma, a causa della nostra disorganizzazione, siamo obbligati a tendere la mano per ricevere aiuti alimentari, che sono un ostacolo e che introducono nelle nostre menti le abitudini del mendicante. Molta gente chiede dove sia l’imperialismo: guardate nei piatti in cui mangiate. I chicchi di riso importato, il mais, ecco l’imperialismo. Non c’è bisogno di guardare oltre.”.

In parole povere, è pienamente consapevole che le indicazioni neoliberiste proposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale tracciano la strada del fallimento per tanti Paesi. Un raggiro che porta all’indebitamento e alla dipendenza dagli aiuti umanitari. A suo parere, il debito “… è una nuova forma di colonialismo. I vecchi colonizzatori si sono trasformati in tecnici dell’aiuto umanitario, ma sarebbe meglio chiamarli tecnici dell’assassinio”

Senza voler essere esaustivi e rimandando ad approfondimenti in sedi più specifiche, qui basta ricordare (da wikipedia) che dall’83 all’87 vennero:

  • Vaccinati 2.500.000 bambini contro morbillo, febbre gialla, rosolia e tifo. L’Unicef stesso si complimentò con il governo.
  • Creati Posti di salute primaria in tutti i villaggi del paese.
  • Aumentato il tasso di alfabetizzazione.
  • Realizzati 258 bacini d’acqua.
  • Scavati 1.000 pozzi e avviate 302 trivellazioni.
  • Stoccati 4 milioni di metri cubi contro 8,7 milioni di metri cubi di volume d’acqua.
  • Realizzate 334 scuole, 284 dispensari-maternità, 78 farmacie, 25 magazzini di alimentazione e 3.000 alloggi.
  • Creati l’Unione delle donne del Burkina (UFB), l’Unione nazionale degli anziani del Burkina (UNAB), l’Unione dei contadini del Burkina (UPB) e ovviamente i Comitati di difesa della rivoluzione (CDR), che seppur inizialmente registrarono alcuni casi di insurrezione divennero ben presto la colonna portante della vita sociale.
  • Avviati programmi di trasporto pubblico (autobus).
  • Combattuti il taglio abusivo degli alberi, gli incendi del sottobosco e la divagazione degli animali.
  • Costruiti campi sportivi in quasi tutti i 7.000 villaggi del Burkina Faso.
  • Soppressa la Capitazione e abbassate le tasse scolastiche da 10.000 a 4.000 franchi per la scuola primaria e da 85.000 a 45.000 per quella secondaria.
  • Create unità e infrastrutture di trasformazione, stoccaggio e smaltimento di prodotti con una costruzione all’aeroporto per impostare un sistema di vasi comunicanti attraverso l’utilizzo di parte di residui agricoli per l’alimentazione.

Ma Sankara cominciava ad essere un modello troppo importante anche per altri Paesi africani, la sua fama superava i confini del Burkina Faso e il suo esempio faceva sempre più breccia nei cuori e nelle menti della parte più povera delle popolazioni africane e, siccome il colonialismo non era certo finito nel 1960, la sua esperienza terminò bruscamente con il suo assassinio, il 15 ottobre 1987, organizzato dall’ex-compagno Compaoré, con l’appoggio di Stati Uniti d’America e Francia.

E allora “Aiutiamoli a casa loro” suona beffardo e canzonatorio, non solo perché non lo abbiamo mai fatto, ma soprattutto perché l’esperienza di Sankara dimostra che basterebbe che l’Africa fosse lasciata in pace, e non ripetutamente saccheggiata, perché ha in sé tutte le capacità di trasformare e migliorare la propria condizione.

E mi domando infine, se anche altri meridionali come me, colgano le analogie di questa storia, con le circostanze che da oltre un secolo e mezzo sono proprie della nostra terra.


13 luglio 2019

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