Il Covid mette in crisi parchi e riserve naturali

Inserito da Giorgio Gatta martedì 06 aprile 2021

Il crollo dell'ecoturismo e le conseguenti mancate entrate finanziarie, impedisce ai parchi nazionali di mezzo mondo di proteggere l'ambiente e contrastare il bracconaggio. Ne approfittano Russia e Brasile concedendo permessi minerari e deforestazione.


Il Covid sta mettendo in crisi la protezione di parchi nazionali e riserve naturali in tutto il mondo. Il crollo dell'ecoturismo in aree naturalistiche, protette perché fragili oltre che belle, toglie alla protezione dell'ambiente la sua principale entrata finanziaria: i biglietti d'ingresso e le quote per i permessi di campeggio, safari ed escursioni che i turisti pagano ai parchi nazionali. Un problema sempre più evidente dai ricchi Stati Uniti fino alle più povere riserve di Africa, Asia meridionale e America Latina, come sottolinea l'ultimo rapporto dello Iucn sul tema. Un anno di pandemia ha falcidiato le attività dei ranger e l'economia delle comunità che vivono delle attività turistiche legate ai parchi. L'indagine condotta in 60 Paesi rivela che sono stati licenziati il 20% dei ranger e a un altro 25% sono stati ridotti gli stipendi, per non parlare del deficit di mezzi e di carburante a loro disposizione. In buona parte dell'Africa nera, dove si registra la situazione peggiore, col taglio di budget e personale, i ranger non hanno più i mezzi per combattere i bracconieri che cacciano elefanti e soprattutto rinoceronti, mentre tornano a galla proposte, come quella dello Zimbabwe, di vendere l'avorio sequestrato ai bracconieri per finanziare la protezione dei parchi. Mentre dalla Russia al Brasile, governi sordi alla difesa dell'ambiente, sfruttano la momentanea debolezza delle riserve concedendo permessi di esplorazione mineraria e di deforestazioni. Così, dopo aver attaccato l'uomo, il Covid minaccia la biodiversità del Pianeta.


Ecoturismo Report


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