Il S. Natale in Burkina Faso

Inserito da Jeannette Kuelà e Michele Dotti domenica 17 luglio 2011

La festività natalizia in Burkina Faso non è semplicemente un momento di “spiritualità cristiana”, come si potrebbe immaginare, ma è molto di più.

Non è solo “spirituale” perché coinvolge attivamente anche la corporeità attraverso tutti e cinque i sensi.

E non è soltanto “cristiano” perché vi partecipano, a titolo diverso e con modalità differenti, tutte le fedi presenti nel Paese, in un grande rito di condivisione collettiva.

All’avvicinarsi del Natale la capitale del paese, Ouagadougou, si accende di colori, suoni, profumi e sapori ancor più di quanto non avvenga durante tutto il resto dell’anno.

Sono anzitutto i mercati ad animarsi, già dalla metà di dicembre, con una maggiore ricchezza di merci e un incredibile fermento di trattative, sempre aperte e concluse da una forte stretta di mano di chi ha contrattato.

Le bancarelle affollate si riempiono di stoffe colorate, i meravigliosi “pagne” africani, che grazie al paziente lavoro dei numerosi sarti diventeranno i vestiti del giorno della festa.

Il “pret a porter” infatti è praticamente assente in Burkina. Il capo indossato il giorno dela festa è il frutto di un percorso lungo, che inizia settimane prima e va dalla scelta accurata della stoffa, alle misure del sarto, fino alle finiture più raffinate, negli ultimi giorni pima del Natale.

Le parrucchiere si preparano ai giorni più “caldi” dell’anno, perché ogni donna, giovane o anziana, vuole rifarsi le trecce per la ricorrenza, scegliendo la propria fra le mille acconciature possibili; e talvolta occorrono fino a tre giorni di tempo per quelle più elaborate!

Alla vigilia della festa i profumi che si alzano dalle cucine -spesso all’aperto- dei cortili, si diffondono nell’aria e si confondono fra di loro creando un aroma inconfondibile… e indescrivibile!

Le musiche delle radio e degli stereo si accavallano lungo il cammino, creando un palpabile clima di euforia lungo le strade si Ouagadougou.

Questo clima di festa cresce negli ultimi giorni, arrivando quasi a cancellare - almeno per qualche giorno ogni anno- i mille problemi che gravano sulla società burkinabè.

La vigilia è un momento speciale, gli ultimi preparativi si rincorrono ed è forse l’unico giorno dell’anno in cui può capitare di vedere tanta gente correre indaffarata, cosa assai rara in Africa a meno che “qualcuno non sia inseguito o non stia inseguendo qualcosa”, come dice un vecchio proverbio.

Il giorno della festa è una vera orgia di abbracci, saluti, brindisi, assaggi dei manicaretti preparati nei giorni precedenti, il momento in cui sfoggiare finalmente il vestito nuovo, realizzato magari con il pagne religioso stampato appositamente per quel Natale e che rimarrà come una specie di “foto ricordo” per tutta la vita.

Dalle Chiese cristiane, stracolme, escono i cori meravigliosi che le corali hanno provato per mesi, accompagnate dai djembè, dalle calebasse e da molte altre percussioni minuscole ma indispensabili all’insieme della sonorità.

Nei momenti di massima intensità si levano i gridi di gioia acutissimi delle donne, specie le più anziane, che in certi momenti fanno venire la pelle d’oca.

Dalle Chiese protestanti si diffondono sonorità più moderne, canti potenti in stile gospel, accompagnati da batteria, basso, chitarra e tastiere.

E’ difficile trovare un posto a sedere in qualunque Chiesa a meno di non arrivare almeno un’ora prima dell’inizio.

Chi arriva trafelato solo con pochi minuti di anticipo spesso non riesce neppure ad entrare e si va ad aggiungere alla folla che segue la cerimonia in piedi, dall’esterno, attraverso gli altoparlanti.

Qualcuno rinuncia in partenza e preferisce portarsi da casa un piccolo tabourè, uno sgabellino, per sedersi all’ombra di un albero nel grande cortile della parrocchia e seguire con calma e al fresco la Messa, che può durare anche più di tre ore.

Ma il Natale non è solo una festa cristiana, coinvolge anche le altre comunità religiose.

E’ frequente che i musulmani aiutino gli amici cristiani a pulire la Chiesa al mattino presto, prima della S.Messa.

Così come i cristiani, specialmente nei villaggi, aiutano talvolta i musulmani a fabbricare i mattoni di terra per costruire la loro moschea.

Del resto molte famiglie in Burkina Faso sono composte da persone di fede diversa; la madre può essere cristiana, il padre musulmano, i figli protestanti e il nonno animista.

La convivenza pacifica fra le diverse religioni qui non è solo un auspicio, ma nella maggior parte dei casi il normale vissuto della gente.

Come diceva il grande Amadou Ampate Ba: “ Esistono molti sentieri diversi che conducono alla vetta della montagna, ma la cima non è che una sola.”

Questo è ormai parte della consapevolezza diffusa e nell’occasione delle festività è ancora più evidente a tutti.

Ogni cristiano offre da mangiare ai propri vicini di casa musulmani, così come loro faranno, ricambiando lautamente, in occasione dell’importante ricorrenza della Tabaskì.

Quello che unisce in questa grande festa le persone di ogni credo, di ogni lingua ed etnia diversa (e ce ne sono più di 60 in Burkina!) è uno stesso sogno comune, la speranza in un domani migliore, la voglia di andare avanti nonostante tutto.

Spesso per comperare il proprio vestito nuovo, specialmente nei villaggi, i ragazzi più giovani spendono quanto hanno guadagnato in mesi di lavoro nel proprio campo di arachidi o cotone.

Può sembrare una follia. Io trovo invece che sia straordinario…

Una dichiarazione estrema di una sete di dignità che, se anche si può raggiungere per un solo giorno all’anno, dimostra almeno di essere possibile e permette di continuare a sperare per l’avvenire!

Il Natale in Burkina Faso è tutto questo e molto altro ancora.

Ma il resto purtroppo, o per fortuna, non si può raccontare a parole.

 

Jeannette Kuelà e Michele Dotti


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